FR. EGIDIO MURA FSC. Una vita per la carità alle menti, ai cuori, ai poveri
L’Animatore della Messa del Povero come assessore dell’Unione Catechisti
Nel non facile tentativo di abbozzare uno schizzo della fervida e ricca personalità di fr. Egidio, ritengo che la pienezza della sua vocazione di Fratello Educatore Lasalliano l’abbia conseguita nella quarantennale dirigenza e animazione della Messa del Povero, la pressochè secolare opera caritativa e catechistica di Torino, inizialmente promossa dalle Figlie della Carità.
Fr. Egidio vi è pervenuto per la sua designazione, quale Fratello lasalliano, ad Assessore provinciale dell’Unione Catechisti del Crocifisso e dell’Immacolata, l’istituto secolare affiancatosi alle Suore nel supportare in modo determinante la conduzione dell’Opera caritativa.
In tale designazione Egli è succeduto al compianto fr. Gustavo, il confratello che – in conformità alla volontà del fondatore dell’Unione Catechisti, il ven. fr. Teodoreto – ha consentito con la sua dedizione e la sua disponibilità, la continuità, pur tra molte difficoltà, nonchè la strutturazione organica della Messa del Povero anche sotto l’aspetto formale, giuridico, e con propria sede, il Centro Andrea.
Fr. Egidio ha continuato e portato a compimento tale riforma, incentrandola sulla formazione dei Volontari, che da parte loro lo hanno assecondato nell’impegno, sulla regolare prestazione della refezione e dell’assistenza ai bisognosi, e sulla catechesi domenicale ai partecipanti.
Il Formatore dei Volontari
Quanto alla formazione catechistica dei giovani operatori nel servizio caritativo, fr. Egidio, in conformità al metodo di evangelizzazione da lui prediletto, l’annuncio evangelico in gruppi di preghiera e di riflessione, ha costantemente seguito ed avvicinato i volontari in riunioni periodiche e in ritiri, anche residenziali, favorendo il colloquio e il contatto personale. Questo rapporto ravvicinato con gli interlocutori ha caratterizzato la sua missione di educatore, anche come insegnante, incidendo profondamente nei suoi allievi (come lo confermano le varie rappresentanze intervenute al suo funerale dalle scuole ove fu maestro). Oltre che sul piano pedagogico, tale vicinanza all’interlocutore gli fu mezzo efficace per il consiglio e la guida spirituale, mansioni in cui fr. Egidio è stato un autentico esemplare, nella piena spontaneità e confidenza, e sempre nel rispetto e senza forzature. E naturalmente tale propensione al dialogo si è sempre esplicato anche con gli adulti, di cui sapeva cogliere le qualità di stima, di valore e di emulazione nel bene, ma all’occorrenza anche gli aspetti da emendare, pur con spontaneo affetto e senza atteggiamenti mortificanti. Quante persone e famiglie hanno trovato in Lui un sicuro, affettuoso e benevole riferimento, specialmente nelle situazioni critiche e dolorose.
A servizio e a guida dei bisognosi
In merito allaconduzione gestionale dell’Opera, quale la refezione domenicale ai bisognosi e, più in generale, all’assistenza ad essi prestata,il suo impegno è stato totale, perdurando anche alla comparsa dei vari malanni che lo debilitavano, e agli stessi primi sintomi della malattia che l’avrebbe portato alla morte. Per quanto gli adempimenti gestionali, amministrativi e di assistenza fossero di competenza e condotti dai volontari, fr. Egidio è sempre stato al loro fianco, sostenendoli e prendendo su di sé i passaggi e le circostanze più impegnative, come i rapporti con la Diocesi, le congregazioni religiose, le autorità politiche, gli enti finanziari, gli enti di promozione sociale, i benefattori e talora anche le situazioni critiche.
Ma dove la sua operosità e dedizione si dispiegava in tutta genialità ed inventiva era nel rapporto con i poveri, da Lui con proprietà di linguaggio e di dignitoso rispetto denominati ospiti. Conoscenza diretta con i partecipanti, stretta amicizia con i frequentatori abituali, paziente comprensione dei difetti di alcuni, con esortazioni pacate ma sempre accolte, fermo equilibrio nei momenti di tensione – in verità molto rari, ma pur sempre da tenere in conto per prevenirli e domarli – efficacia di consigli e ammonimenti nelle comunicazioni collettive, costantemente ispirate al rispetto reciproco, alla buona educazione, alla mutua tolleranza e tendenti alla carità fraterna.
Sul piano più direttamente religioso, durante la Messa facilitava l’attenzione con brevi ma significativi incisi, e con cartelloni da Lui approntati, che assecondavano la comprensione: sarebbe interessante ripercorrere alcune delle sue più ricorrenti espressioni, per ancora valorizzare il suo insegnamento. In via puramente esemplificativa, ricordiamo che definiva “romanzo veritiero”, le singole narrazioni bibliche, o “telefonata proveniente dal Cielo”, le esortazioni e le ispirazioni scritturali. E come dimenticare le sue parole esplicative, appena sussurrate al microfono durante la consacrazione: “è il signore Gesù, offerto per noi”?
L’esercizio della carità quale amore al Crocifisso
E con queste riflessioni ci siamo introdotti nel terzo aspetto con cui tentiamo di brevemente tratteggiare la sublime personalità di fr. Egidio, il catechista nella carità. Come Fratello delle scuole cristiane Egli è stato essenzialmente un maestro, in termini evangelici un catechista che ha annunciato il Vangelo con la parola e con l’esempio. Ma tale testimonianza ha rivestito in Lui un aspetto specifico e particolare nell’ amore per i bisognosi: ha esercitato la pienezza della carità spirituale attraverso l’esercizio permanente della carità corporale.
Uno dei testi a Lui particolarmente cari era: Cristo ieri, oggi e sempre (Eb 13, 8). Glielo ho sentito formulare e commentare nelle riflessioni all’Unione Catechisti come Assessore, in alcune riunioni di giovani della Casa di Carità Arti e Mestieri, in quelle con i suoi Volontari, con adeguazione di linguaggio ai ragazzi della scuola media, e in particolare modo agli ospiti della Messa del Povero.
E lo strumento specifico per attestare l’attualità della presenza di Cristo è stato il costante riferimento alle Piaghe del Crocifisso. La recita domenicale di tale preghiera con i suoi ospiti all’inizio dellaMessa è stato per Lui un costante contrassegno dell’Opera. Ma più che fedele adempimento di una pur ottima consuetudine, la formulazione della Divozione era per Lui viva espressione del colloquio con l’Amato innalzato nel trono della Croce.
E in questa consegna, quale perfetto discepolo del ven. fr. Teodoreto, ci lascia in eredità quanto Lui ha fatto proprio e vissuto: la sapienza del Crocifisso che alimenta la carità (cfr 1 Cor 2, 2).
TESTIMONIANZA FRATEL EGIDIO
SONO STATO FORTUNATO: INFANZIA SERENA ,VITA REALIZZATA
1 Racconti la sua storia, dall’infanzia ad oggi.
Sono nato in un paese lambito dalle acque del lago di Garda. La mia famiglia era PATRIARCALE.
A mezzogiorno, a pranzo, stando alla testimonianza delle mie zie ancora in vita: Teresa di anni 96, Angela di 93 e Gina di 90. Eravamo normalmente a tavola in 23, anche gli operai mangiavano con noi. L’azienda gestita da mio papà era un mulino ad acqua in fase di trasformazione.
La nonna, con i suoi 8 figli, era l’autorità morale. L’accoglienza era sacra.
Il suo motto quando arrivava un povero a pranzo o a cena era: “La carità copra la moltitudine dei peccati”. Nessuno contestava questa sua affermazione ed era il “lasciapassare” per aiutare chi si trovava in difficoltà. Io avevo l’incarico di portare, durante l’inverno, ai poveri uno scaldino con la brace perché potessero scaldarsi, delle calze i fazzoletti.
Insieme mangiavamo con molta naturalezza.
Il gusto del “Sacro” era insito in me fino dalle classi elementari: alzarmi presto la mattina per servire la Messa mi dava gioia, raccontare ai più piccoli i miracoli di Gesù del Vangelo (fare catechismo a 8 anni), organizzare la partita di calcio con i compagni di 4 e 5 elementare mi rendeva felice, soprattutto quando mio zio portava tutti a fare un giro in barca finita la partita.
Fin da piccolo captavo la sincera fede delle persone che mi circondavano. Ricordo la catechista Bruna che in bicicletta, tutte le mattine, percorreva chilometri per venire a Messa e poi andava a trovare i malati del paese. Quattro sacerdoti di indole differenti mi presentarono la santità vissuta in maniera diversa: Don Giovanni Calabria (ora Santo) quando arrivava in oratorio lo circondavamo con venerazione e io vedevo in lui un papà buono. Don Luigi il parroco, tutti i giorni andava in bicicletta a trovare i malati all’ospedale e portava notizie ai familiari, Don Giuseppe che aiutava me e i miei amici nel doposcuola e Don Piero, ormai anziano, che recitava il rosario lungo la strada con semplicità. Aveva venduto tutte le sue proprietà per costruire una casa per gli anziani.
Nella mia adolescenza ebbi un incontro fortuito con un Fratello delle Scuole Cristiane, venuto al paese, invitato dal Parroco, a parlare ai giovani per la festa di San Luigi Gonzaga (patrono dei giovani). Il dialogo si trasformò in un invito rivolto a me e a due miei amici (attualmente Fr. Luigi e Fr. Celestino) a seguirlo per continuare gli studi e fare esperienza di gruppo. Conoscendo la vita di questi religiosi educatori dei giovani, io e i miei due amici accettammo volentieri di entrare a far parte della loro “famiglia religiosa” denominata “Fratelli delle Scuole Cristiane”.
A vent’anni iniziammo l’attività educativa come maestri. Io fui inviato a Piacenza nel 1958. Mi fu affidata una classe di 1° elementare e l’incarico di servire i Poveri (25 famiglie con molti figli provenienti dal meridione). Ciò che era “scartato” veniva “privilegiato”.
Da allora la mia esperienza come educatore a scuola e l’incarico dei poveri con i miei allievi diventati giovani generosi si ampliò con altre attività educative e ricreative.
Fui inviato, nel 1969, a Massa Carrara dove i Fratelli erano molto stimati e amati dalla popolazione e dal clero. Con i giovani della scuola e dell’oratorio istituimmo il “Natale del Povero” preparando i pacchi per i bisognosi della città.
Nel 1976 fui trasferito a Torino con i giovani generosi di conoscere noi fratelli educatori. Anche con loro la partecipazione domenicale alla Santa Messa e il servizio a tavola ai Poveri fu una terapia positiva.
Dopo l’esperienza del Noviziato con i giovani in formazione la mia vita continuò sempre nel mondo giovanile, presso le nostre scuole, creando e visitando periodicamente i gruppi del Vangelo che si radunavano ogni settimana nei vari istituti.
L’annuncio di Gesù e il servizio ai poveri erano presentati in simbiosi. La bellezza di vivere in gruppo e fare il bene arricchì il Centro Andrea di tanti volontari e volontarie e favorì tante amicizie dove scaturirono nuove famiglie coronate dall’amore dei loro figli.
2 Cosa rappresenta per lei l’Opera Messa del Povero
L’Opera Messa del Povero diventa, per me, una seconda famiglia dove i difetti mi aiutano a crescere dialogando e perdonando, ricordandomi che siamo “uniti” per amare e servire i Poveri.
L’esempio del donare lascia nel cuore, a me e a tutti gli amici che hanno prestano servizio alla Messa del Povero, l’insegnamento ricevuto da Eugenia Verna “Chi dà la vita la trova, chi non la dà muore, mangia se stesso”.
3 Di cosa ha bisogno la Messa del Povero per essere sempre più luogo di carità e aiuto per i bisognosi?
Necessita di maggior spirito di appartenenza da parte dei Volontari e Volontarie (fare famiglia) per garantire la continuità dell’Opera approfondendo lo Spirito delle Origini: fatto di Fede e di Servizio attraverso la Parola di Dio.
4 Cosa si sente da dire ai tanti volontari che nella storia hanno sostenuto l’associazione?
Un grazie sentito per la dedizione prodigata negli anni e nei servizi più diversificati e meno visibili.
Ho fatto del mio meglio, purtroppo con dei disturbi fisici che mi hanno reso più difficoltoso lo scrivere.
Ti ringrazio in anticipo per il lavoro che farai, a nome mio e dei Volontari tutti.
Fr. Egidio