Spunti di riflessione a seguito della predica ascoltata il giorno dell’Epifania presso la chiesa Madonna del Pilone in Torino da parte di don Moreno Filippetto e offerti alla meditazione dei Volontari dell’Opera Messa del Povero durante il ritiro del 13 gennaio 2019
Dal
libro del profeta Isaìa
“Àlzati, rivestiti di luce, perché
viene la tua luce,
la gloria del Signore brilla sopra di
te.
Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra,
nebbia
fitta avvolge i popoli;
ma su di te risplende il Signore,
la
sua gloria appare su di te.
Cammineranno le genti alla tua
luce,
i re allo splendore del tuo sorgere.
Alza gli occhi
intorno e guarda:
tutti costoro si sono radunati, vengono a
te.
I tuoi figli vengono da lontano,
le tue figlie sono
portate in braccio.
Allora guarderai e sarai
raggiante,
palpiterà e si dilaterà il tuo cuore,
perché
l’abbondanza del mare si riverserà su di te,
verrà a te la
ricchezza delle genti.
Uno stuolo di cammelli ti
invaderà,
dromedari di Màdian e di Efa,
tutti verranno da
Saba, portando oro e incenso
e proclamando le glorie del
Signore.”
Dal
Vangelo secondo Matteo
“Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al
tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a
Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei
Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad
adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui
tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi
del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il
Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è
scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non
sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te
infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo,
Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si
fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella
e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente
sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché
anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed
ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché
giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al
vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella
casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo
adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro,
incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per
un’altra strada fecero ritorno al loro paese.”
Don Moreno partendo dalle letture ha richiamato l’attenzione sulla bellezza e della gioia che ha sprigionato la venuta di Gesù nel mondo, ha portato la luce, è venuta la luce. E noi cosa dobbiamo fare? Alzarci ed esporci alla Sua luce. Una luce che ci fa persone nuove.
Dalla
seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
“Fratelli,
fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul cuore dei
figli d’Israele; ma quando vi sarà la conversione al Signore, il
velo sarà tolto.
Il Signore è lo Spirito e, dove c’è lo
Spirito del Signore, c’è libertà. E noi tutti, a viso scoperto,
riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo
trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo
l’azione dello Spirito del Signore.
Perciò, avendo questo
ministero, secondo la misericordia che ci è stata accordata, non ci
perdiamo d’animo.
E se il nostro Vangelo rimane velato, lo è
in coloro che si perdono: in loro, increduli, il dio di questo mondo
ha accecato la mente, perché non vedano lo splendore del glorioso
vangelo di Cristo, che è immagine di Dio.
Noi infatti non
annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore: quanto a noi, siamo i
vostri servitori a causa di Gesù. E Dio, che disse: «Rifulga la
luce dalle tenebre», rifulse nei nostri cuori, per far risplendere
la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo.”
Come presentarci? A viso scoperto, così come siamo, e saremo trasformati e avverrà il cambiamento. Grazie alla luce che rifulge nei nostri cuori.
Così come i magi al vedere la stella provarono una grandissima gioia così noi prostriamoci e adoriamo Gesù nell’Eucarestia ed alla Sua luce diventeremo luce.
Don Moreno ha richiamato infine un’analogia tradizionale applicata alla Chiesa già dai Padri dei primi secoli, ripresa anche nel Medioevo: quella secondo cui la natura della Chiesa si può cogliere usando la figura della luna. La luna porta la luce nella notte, ma la luce non viene da lei, viene dal sole. Così è la Chiesa: essa porta la luce al mondo, ma questa luce che porta non è sua. È la luce di Cristo. «La Chiesa», commenta il cardinale Koch nella sua recensione, «non deve voler essere sole, ma deve rallegrarsi di essere luna, di ricevere tutta la sua luce dal sole e di farla risplendere dentro la notte». Nel ricevere la luce da Cristo la Chiesa vive tutta la sua pienezza di letizia, «giacché essa», come confessò Paolo VI nel Credo del popolo di Dio, «non possiede altra vita se non quella della grazia».
Il paragone con la luna non va preso come una marginalizzazione della missione della Chiesa. La Chiesa è a suo modo responsabile della luce di Cristo che è chiamata a riflettere. Quella luce non va oscurata. La Chiesa deve riverberare, e non appannare o spegnere in sé quel riflesso. Come fa la luna durante la notte, essa deve diffondere la luce di Cristo nella notte del mondo che, lasciato a sé stesso, rimarrebbe nel peccato e nell’ombra della morte. Come annotava sempre Paolo VI nel suo discorso d’apertura della seconda sessione del Concilio ecumenico Vaticano II: «Quando il lavoro di santificazione interiore sarà stato compiuto, la Chiesa potrà mostrare il suo volto al mondo intero, dicendo queste parole: Chi vede me, vede Cristo, così come il divin Redentore aveva detto di sé: “Chi ha visto me ha visto il Padre” (Gv 14,9)».
L’immagine della luna aiuta anche a cogliere la dinamica propria della missione a cui la Chiesa è chiamata. Come lo stesso Paolo VI riconosceva già nell’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi (1975): «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri», e se ascolta i maestri «lo fa perché sono dei testimoni». Per questo, soprattutto nei nostri tempi, la modalità più consona e più disarmante con cui la luce della parola di Dio si offre al mondo è quella della testimonianza. Anche a questo riguardo l’immagine della luna suggerisce spunti di riflessione e conforto.
Il testimone è colui che offre il proprio corpo, mette a disposizione la concretezza della propria condizione umana affinché in essa agisca e risplenda la grazia del Signore. Proprio come fa la luna, sul cui corpo opaco si riflette la luce irradiata dal sole. «Vi esorto fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale»: così scrive san Paolo nella Lettera ai Romani (12,1). E come ha suggerito Benedetto XVI nella sua recente Lectio divina tenuta al Seminario romano maggiore, proprio l’offerta del nostro corpo, del nostro vivere quotidiano è la condizione per cui «il nostro corpo unito al corpo di Cristo diventa gloria di Dio, diventa liturgia», e il corpo stesso diventa «la realizzazione della nostra adorazione». L’azione della grazia sulle vite dei testimoni si manifesta nella santità, che proprio per questo non è una conquista riservata a pochi, ma una possibilità reale che si affaccia sulle vite concrete di tutti i battezzati, come ha suggerito anche il beato Giovanni Paolo II nella lettera apostolica Novo millennio ineunte. La santità è ciò che meglio esprime l’intimo mistero della Chiesa.
Ciò che vale per il singolo battezzato, vale anche per la Chiesa. La Chiesa non ha da inventarsi nulla. Come fa la luna col sole, essa mette solo a disposizione il proprio corpo perché la grazia possa riflettersi in esso. Quando la Chiesa pretende di attestare sé stessa, non appare né attraente né allietata e consolata dal Signore. E anche le vicende ecclesiali finiscono fatalmente per essere contrassegnate da quella «vanagloria che è contro di me e mi rende infelice» a cui ha accennato Benedetto XVI nel suo ultimo incontro coi parroci di Roma.
Tale bella analogia può essere applicata anche a noi, ad ognuno di noi che ponendosi nella condizione di adoratori ed adoranti ci poniamo nella condizione di esporci nel totale silenzio di noi all’azione illuminante di Dio.
Esempi di Volontari di Carità non ci mancano, una per tutti: Eugenia! Ricordiamo la sua espressione durante le Messe o durante i ritiri sulla Parola da lei animati.
E quanti Santi si sono “esposti” durante i loro lunghi momenti di meditazione e di adorazione alla luce dell’Eucarestia ed essi dopo la partenza da questo mondo sono stati rappresentati con un’aureola sulla testa…. Essi stessi sono diventati riflessi della luce!
E tanti altri che con il loro umile, semplice e costante esempio hanno scritto la storia delle nostre opere di Carità e ci rendono una testimonianza viva e vivificante.
Gli altri momento di luce che possiamo meditare sono quelli della Resurrezione e della meditazione delle Sante Piaghe gloriose e luminose (v. diario di SANTA FAUSTINA KOWALSKA).
La luce è un simbolo ricorrente nella religione cristiana. In genere se ne parla con le tenebre: in opposizione a esse e come antidoto contro il loro nefasto influsso.
Di luce è pervasa la Bibbia dalla prima all’ultima pagina: nel Libro della Genesi Dio crea la luce prima di cielo e terra, perché da essa possano essere generati astri, mari, fiumi, tutti gli esseri viventi e l’uomo. E poi si arriva al Vangelo, dove la luce è celebrata a ogni riga, con la nascita di Gesù e poi con la Resurrezione, vittoria definitiva di ogni morte e male “oscuro”, come il peccato.
Nella nostra esperienza di fede praticata, poi, sappiamo che molte celebrazioni prevedono che il fedele “interagisca” con la luce, per esempio delle candele: la Pasqua, la Candelora e alcuni sacramenti…
E naturalmente anche papa Francesco evoca spesso il concetto di luce. Di solito lo usa per esortare e incoraggiare, per far capire a chi si professa cristiano che lo è davvero solo nel momento in cui diventa “luminoso”: emana quella certa luce del cuore che non ha nulla a che vedere con la simpatia, il sorriso o il buon umore.
Spesso il Papa ricorre alla luce anche come saluto o augurio, come quando in chiusura di un’udienza dice: «Il Signore vi colmi della sua luce!». Mai nascondere, dunque, la luce “vera” che viene da Dio, mai offuscarla o chiuderla in frigo, mai rinunciare a essa.
ECCO ALCUNE FRASI NELLE QUALI PAPA FRANCESCO PARLA DI LUCE
Vi è poi un altro segno molto bello della liturgia battesimale che ci ricorda l’importanza della luce. Al termine del rito, ai genitori viene consegnata una candela, la cui fiamma è accesa al cero pasquale. Da quel cero tutti accendono la propria candela e trasmettono la fiamma ai vicini: è la lenta propagazione della Resurrezione di Gesù nelle vite di tutti i cristiani. La vita della Chiesa è contaminazione di luce.
Al contrario, quella persona che non fa il bene, pur potendo farlo, copre la luce, che diventa oscura. Bene e luce non tollerano il frigo, non vanno conservati: il bene è oggi e se non lo fai oggi, domani non ci sarà. Non nascondere il bene per domani. E chi ragiona con la logica del “va, ripassa, te lo darò domani…” copre fortemente la luce.
Custodire la luce è custodire qualcosa che ci è stato dato come dono. Se siamo luminosi, lo siamo perché abbiamo ricevuto il dono della luce nel giorno Del Battesimo. Proprio per questo nei primi secoli della Chiesa (e anche in alcune Chiese orientali ancora) il Battesimo si chiama “la illuminazione”.
Noi siamo coloro che credono che Dio è Padre: questa è la luce! Non siamo orfani: abbiamo un Padre. Crediamo che Gesù è sceso in mezzo a noi, ha camminato nella nostra stessa vita, facendosi compagno soprattutto dei più poveri e fragili: questa è la luce!
Oggi siamo invitati ad aprirci alla luce di Cristo per portare frutto nella nostra vita, per eliminare i comportamenti che non sono cristiani.
Crediamo che ogni affetto, ogni amicizia, ogni buon desiderio, ogni amore, perfino quelli più minuti e trascurati, un giorno troveranno il loro compimento in Dio: questa è la nostra speranza: vivere nella luce!
La tomba vuota vuole sfidare, smuovere, interrogare, ma soprattutto vuole incoraggiarci a credere e ad aver fiducia che Dio avviene in qualsiasi situazione, in qualsiasi persona, e che la sua luce può arrivare negli angoli più imprevedibili e più chiusi dell’esistenza.
Anche nella nostra vita ci sono diverse stelle, luci che brillano e orientano. Sta a noi scegliere quali seguire. Per esempio ci sono luci intermittenti, che vanno e vengono, come le piccole soddisfazioni della vita: durano poco e non lasciano la pace che cerchiamo. Ci sono poi le luci abbaglianti dei soldi e del successo: sono seducenti, ma con la loro forza accecano. I Magi, invece, invitano a seguire una luce stabile, gentile, che non tramonta, perché non è di questo mondo: viene dal cielo e splende. Dove? Nel cuore.