All’Angelus il Papa spiega che il «mistero della morte del Figlio di Dio è supremo atto di amore, fonte di vita. Il crocifisso è un segno religioso da contemplare e comprendere»
«Il crocifisso non è un oggetto ornamentale o un accessorio di abbigliamento – a volte abusato! – ma un segno religioso da contemplare e comprendere – afferma Francesco all’Angelus – Chi vuole conoscere Gesù deve guardare alla croce, dove si rivela la sua gloria». Rivolgendosi ai fedeli riuniti in piazza San Pietro, il Papa sollecita «carità e accoglienza per andare incontro ai bisogni degli ultimi» poi introduce la Preghiera mariana attraverso un’intensa riflessione sul senso autentico dell’immagine di Gesù in croce.
«Cosa significa perdere la vita? – chiede il Pontefice – Significa pensare di meno a sé stessi, agli interessi personali, e saper “vedere” e andare incontro ai bisogni del nostro prossimo, specialmente degli ultimi».
Quindi «la Vergine Maria, che ha tenuto sempre lo sguardo del cuore fisso al suo Figlio, dalla mangiatoia di Betlemme fino alla croce sul Calvario, ci aiuti a incontrarlo e conoscerlo così come Lui vuole, perché possiamo vivere illuminati da Lui, e portare nel mondo frutti di giustizia e di pace», invoca Francesco.
«Compiere con gioia opere di carità verso quanti soffrono nel corpo e nello spirito è il modo più autentico di vivere il Vangelo, è il fondamento necessario perché le nostre comunità crescano nella fraternità e nell’accoglienza reciproca», spiega Jorge Mario Bergoglio.
«Il Vangelo di oggi racconta un episodio avvenuto negli ultimi giorni della vita di Gesù – sottolinea il Pontefice – La scena si svolge a Gerusalemme, dove Egli si trova per la festa della Pasqua ebraica. Per questa celebrazione rituale sono arrivati anche alcuni greci; si tratta di uomini animati da sentimenti religiosi, attirati dalla fede del popolo ebraico e che, avendo sentito parlare di questo grande profeta, si avvicinano a Filippo, uno dei dodici apostoli». E a Filippo dicono: «Vogliamo vedere Gesù».
Giovanni, prosegue il Papa, pone in risalto questa frase, centrata sul verbo vedere, che «nel vocabolario dell’evangelista significa andare oltre le apparenze per cogliere il mistero di una persona».
Secondo Francesco la reazione di Gesù è sorprendente. Egli non risponde con un «sì» o con un «no», ma dice: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato».
Queste parole, che «sembrano a prima vista ignorare la domanda di quei greci, in realtà danno la vera risposta». Il Vangelo di oggi, aggiunge il Pontefice, «ci invita a volgere il nostro sguardo al crocifisso: nell’immagine di Gesù crocifisso si svela il mistero della morte del Figlio di Dio come supremo atto di amore, fonte di vita e di salvezza per l’umanità di tutti i tempi».
Papa Francesco dice: « Nelle sue piaghe siamo stati guariti, posso pensare: Come guardo io il crocifisso, un’opera d’arte o guardo dentro, entro nelle piaghe di Gesù fino al suo cuore, guardo il mistero del Dio annientato fino alla morte come un criminale… non dimenticatevi di questo: Guardare il crocifisso ma guardarlo dentro. C’è questa bella devozione di pregare un Padre nostro ad ognuna delle cinque Piaghe, quando preghiamo cerchiamo di entrare per le Piaghe di Gesù, dentro, proprio al suo cuore e lì impareremo la grande saggezza del mistero di Cristo e la grande saggezza della croce.
Per spiegare il significato della sua morte e risurrezione, Gesù si serve di un’immagine e dice: «Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto». Secondo Francesco, vuole far capire che la sua vicenda estrema – morte e risurrezione – è un atto di fecondità, che porterà frutto per molti. «Così paragona sé stesso al chicco di grano che marcendo nella terra genera nuova vita – evidenzia il Pontefice – Con l’Incarnazione Gesù è venuto sulla terra; ma questo non basta: Egli deve anche morire, per riscattare gli uomini dalla schiavitù del peccato e donare loro una nuova vita riconciliata nell’amore». E, raccomanda Jorge Mario Bergoglio, «questo dinamismo del chicco di grano, compiutosi in Gesù, deve realizzarsi anche in noi suoi discepoli: siamo chiamati a fare nostra la legge pasquale del perdere la vita per riceverla nuova ed eterna».
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